L’Impressionismo: la riscoperta del colore

Prima di intraprendere questo percorso ci tengo a precisare alcune cose.
Nei magazine precedenti avete trovato sempre qualche pillola sui grandi artisti, invece in questo clima di perdita di valori e di cultura ho voluto approfondire un po’ di più alcuni aspetti fondamentali della storia dell’arte. C’è gente che pensa che la storia non sia importante e che l’arte lo sia ancora di meno; tutto questo è assurdo e credo, invece, che si possa imparare molto dal passato. Dunque, cercherò nel mio piccolo di trasmettervi quello che ho appreso negli anni; forse lo avete letto già in qualche libro e volterete pagina, forse lo rileggerete scoprendo cose nuove o forse lo leggerete per la prima volta e imparerete ad amarlo, chi può dirlo. Io proverò ad essere meno accademica possibile e poi mi direte se vale la pena di studiare Storia dell’Arte. 

Contesto storico

Per comprendere appieno lo spirito impressionista, è utile dare uno sguardo al contesto storico e ai cambiamenti che attraversarono la Francia agli albori di questo grande movimento. Dopo la sconfitta di Napoleone III nel 1870, la Francia volta le spalle all’Impero e proclama la sua Terza Repubblica; la classe dirigente però non cambia, si assiste così all’ascesa di una borghesia moderata e conservatrice. In questo clima, anche Parigi consolida il suo aspetto borghese e festoso, arricchendosi di stazioni ferroviarie, ristoranti, sale da ballo, caffè. Soprattutto questi ultimi contribuiscono ad invadere i grandi marciapiedi dei boulevards parigini che appaiono come “una lunga sala all’aperto scintillante di luci e colori”. In questa città piena di splendori maturano i presupposti per la più grande novità artistica del secolo. Senza Parigi, l’Impressionismo non sarebbe nato, ma senza l’Impressionismo, Parigi non sarebbe mai stata immortalata e ritratta nei suoi mille fantasiosi aspetti.

Claude Monet, Prato con pioppi

Claude Monet, Prato con pioppi

L’Impressionismo è oggi considerato uno dei movimenti artistici più grande e innovativo e credo sia anche il mio preferito: ho sempre un conflitto interiore quando si tratta di scegliere un artista preferito, ma direi che quelli che se la battono per i primi posti sono proprio gli Impressionisti e Van Gogh; Vincent completa un po’ il discorso impressionista quindi direi che posso affermare che sono molto legata al pensiero impressionista.

Ma come è nato l’Impressionismo?
Agli albori non ha avuto certo vita facile, la classe sociale dell’epoca, nonostante fosse aperta al progresso tecnico e scientifico, era ancora legata alla produzione artistica di tipo accademico. Ed è proprio contro questa accademia che si scagliarono gli Impressionisti.
L’Impressionismo, infatti, nasce in modo diverso da tutti gli altri movimenti artistici: non è organizzato, si costituisce per aggregazione spontanea, senza manifesti o teorie, nasce quasi per caso.
Un gruppo di giovani artisti che avevano in comune una gran voglia di fare e un’insofferenza per la pittura ufficiale dell’epoca, iniziarono a riunirsi in un locale parigino al numero 11 della Grande Rue des Batignolles, il Cafè Guerbois. Inizialmente era un ritrovo casuale e saltuario, ma con il tempo divenne un appuntamento settimanale; si dice, infatti, si riunissero ogni venerdì.

“Niente poteva essere più interessante di quelle frequenti e lunghissime riunioni e di quei contrasti di opinione sempre animati, essi tenevano vivo il nostro spirito e ci davano una carica di entusiasmo che ci sosteneva per settimane finché non davamo finalmente espressione alle idee maturate là.”
Claude Monet

Edouard Manet, Al Café Guerbois

Edouard Manet, Al Café Guerbois

Al di là del modo insolito di costituirsi e delle diversità artistiche dei suoi membri, la fondamentale diversità di questo movimento risiede nel nuovo modo che hanno di porsi in rapporto con la realtà esterna. La loro grande intuizione comincia proprio da qui: capiscono che tutto quello che percepiamo attraverso gli occhi continua al di là del nostro campo visivo, ed è per questo che nei loro dipinti viene abolita la prospettiva geometrica. Perché imprigionare gli spazi in una visione ristretta? Perché limitarsi ad un reticolo prospettico finto? E come? Sarebbe come imprigionare qualcosa che deve essere libero e che va oltre i limiti del dipinto. Dunque, nulla verrà più rappresentato con un disegno netto e definito.
L’importante ora è l’impressione che un determinato stimolo esterno suscita nell’artista, il quale, partendo dalle proprie sensazioni, opera una sintesi per eliminare il superfluo e cogliere la sostanza delle cose. Gli oggetti, dunque, non vengono più rappresentati in ogni dettaglio ma sono proposti come giustapposizione di diverse pennellate di colore puro, le quali danno l’idea complessiva dell’oggetto ma non lo descrivono minuziosamente.

Claude Monet, Il Boulevard des Capucines

Claude Monet, Il Boulevard des Capucines

Ma come ottenere questo tecnicamente?
Il primo passo è l’abolizione del disegno e delle linee di bordo che definiscono gli oggetti. Il secondo grande passo, ed il più innovativo, è il colore: gli Impressionisti aboliscono i forti contrasti chiaroscurali e dissolvono il colore locale in accostamenti di colori puri. Riescono, infatti, a teorizzare l’inesistenza del colore locale (cioè il colore proprio dei singoli oggetti), in quanto ogni colore non esiste di per sé ma esiste soltanto in rapporto ad altri colori che ha vicino. Ad esempio, come rappresentereste una mela rossa su una tovaglia blu? Usando delle sfumature viola, perché il rosso aggiunto al blu creerà il viola. Il colore inoltre varierà anche rispetto alla luce. La luce, difatti, determina in noi la percezione dei vari colori e l’esperienza ci insegna che ogni colore ci appare più o meno scuro in relazione alla quantità di luce che lo colpisce.
Le variabili in gioco, dunque, sono molte e la pittura impressionista vuole mostrarcele tutte con la maggior immediatezza possibile, cercando di cogliere l’attimo fuggente, la sensazione di un istante, consapevoli che l’attimo successivo genererà sensazioni ancora diverse. Proprio per questo motivo, le pennellate non sono fluide e studiate – come avveniva nei dipinti d’accademia – ma sono date per veloci tocchi virgolati, per picchiettature, per trattini e per macchiette, con l’uso di pochi colori puri e con l’esclusione del nero e del bianco che, in effetti, sono dei non-colori.

Come funziona la giustapposizione?

griglia1 griglia2Accostando sulla tela colori puri primari e secondari il nostro occhio tende a fonderli. I colori, anche se diversificati sulla tela, si fondono sulla retina del nostro occhio consentendo al cervello di percepirli come colori omogenei di intensità e brillantezza superiori a quelle che avrebbero i colori già preparati. Ad esempio, nella prima scacchiera sotto, i quadrati gialli e azzurri sono ben distinti, ma se proviamo ad osservarla da lontano, cosa vedremo? La nostra retina fonderà i due colori primari e ce li farà apparire come verde, che è il colore secondario formato dai primari giallo e blu. 

Claude Monet, La Grenouillere

Claude Monet, La Grenouillere

L’artista impressionista, nel momento in cui dipinge non rappresenta più la realtà ma le sensazioni che essa suscita dentro di lui. Questo è uno dei motivi per cui li adoro, introducono una cosa tanto ovvia quanto nuova nell’arte. Ed è per questo motivo che l’artista impressionista deve essere rapido nel completare il dipinto per evitare che le condizioni che determinano in lui tali impressioni vengano meno. Credo sia capitato un po’ a tutti di avere un’idea folgorante, un attimo ricco di sensazioni ed emozioni che esplodono dentro di voi e che non vedono l’ora di essere impresse su carta per essere ricordate e ricontemplate; non importa se l’idea è per un disegno o per uno scritto, importa la potenza che ha e la fragilità che racchiude al tempo stesso: evanescente, sfuggente, è tutto un attimo.
Questo pensiero chiarisce anche il motivo per cui molti Impressionisti prediligevano dipingere en plein air, cioè all’aria aperta. Gli Impressionisti, infatti, rifuggono i freddi atelier – comodi e pieni di modelli e scenari – e si rifugiano invece nella libertà sconfinata dei boschi parigini, dei campi lungo la Senna, degli eleganti boulevard che la città offriva. Dunque, per gli Impressionisti la realtà non è altro che un continuo e fantastico divenire, non è definita e fissa ma mutevole e straordinaria.
Per questo, cercano nei loro dipinti di rendere il senso della mobilità delle cose: ricorrente, infatti, è il tema dell’acqua, che per sua stessa natura non si acquieta mai e permette agli artisti di sbizzarrirsi nel riprodurre le mille possibili increspature di colore.
Altro concetto innovatore è l’indifferenza totale verso il tema: tutti gli Impressionisti imprimono nelle loro tele qualcosa di profondamente personale e soggettivo, rendendole interessanti non tanto per quello che narrano ma per come lo narrano.

Claude Monet, Impressione, sole nascente

Claude Monet, Impressione, sole nascente

Se volessimo dare una data precisa d’inizio del movimento impressionista dovremmo scegliere quella del 15 aprile 1874, quando alcuni giovani artisti, le cui opere erano state ripetutamente rifiutate dalle principali e prestigiose esposizioni ufficiali, decisero di organizzare una mostra alternativa dei loro lavori. Si presentarono al pubblico con il nome di “Società Anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori, ecc” esponendo le loro opere nei locali che il fotografo Félix Nadar cedette loro gratuitamente. La mostra, però, fu un vero e proprio fallimento. L’unica nota positiva dell’evento fu che, grazie a tale esposizione, il gruppo ebbe il nome con il quale sarebbe poi passato alla storia. Infatti, il critico Louis Leroy, osservando un dipinto di Monet dal titolo emblematico di “Impressione, sole nascente”, lo stroncò dicendo che “una carta da parati al suo stato iniziale è più rifinita di questa marina” e concluse la propria spietata recensione estendendo ironicamente a tutti gli artisti del gruppo l’appellativo derisorio di “impressionisti”.
Dopo questa prima mostra, la stagione impressionista durò poco: l’ottava ed ultima esposizione avvenne, infatti, nel 1886. Che l’Impressionismo non fosse un movimento destinato a durare e fare scuola, del resto, era chiaro fin dall’inizio visti i suoi presupposti. Ma da qui, cominceranno nuove ricerche verso una propria personale sensibilità e verso una nuova consistenza artistica da dare alla fugacità dell’impressione.