Perché creo

Unforgivable Sinner

Quasi dieci anni fa, e posso assicurare che sembra molto meno, mi approcciai a Photoshop.

Per me si trattava di qualcosa di estremamente complicato, ma che mi incuriosiva tantissimo. Poco a poco imparai le cose più basilari: creare un livello, giocare coi colori, scoprire i pennelli, modificare le curve, la saturazione o la luminosità di una foto… per farla breve, mi sentivo come una bambina felice nell’ora di ricreazione, quando potevi prendere i pastelli e colorare qualcosa che ti rendeva appagata.

Non sono mai stata particolarmente portata nel disegno, se non copiando disegni altrui, sperimentando anche un po’ il disegno tipicamente da manga giapponese, ma a lungo andare, capii di non aver ereditato l’abilità di mio padre, per cui abbandonai ogni cosa.

Con Photoshop è stato un approccio diverso. Ho capito che quel “semplice” strumento era molto più di un passatempo… era una valvola di sfogo!

Quando iniziai ad usarlo infatti, ero praticamente uscita dal liceo. Piena di dubbi e insicurezze sul futuro, su me stessa, e non avendo altri mezzi, creare qualcosa, qualsiasi cosa, mi aiutava a calmare i nervi.

Quando mi sono approcciata alla fotomanipolazione avevo proprio questa voglia di esternare quello che provavo in quel momento. Che fosse un sentimento di gioia o di tristezza, era comunque una gioia per me riuscire ad esternarlo in qualche modo.

Storia dell’arte la studiavo, sebbene solo da un punto di vista storico, ma ne ero appassionata e studiai alcune opere anche al di fuori degli orari scolastici. Anche oggi passerei ore ed ore nei musei, ammirando le statue ma specialmente i dipinti.

Osservo i colori, immagino il pittore o la pittrice su quel particolare quadro, intento o intenta a creare qualcosa, pennellata dopo pennellata. Studio i particolari, i giochi di luci e di ombre, che ho sempre amato, cercando i particolari nascosti in ogni quadro.

C’è chi in periodo di stress trova vari modi per potersi rilassare: va in palestra, fa yoga, guarda telefilm.

Io apro Photoshop, e immersa come sono nel ritagliare le modelle, creare sfondi e cambiare il colore dei capelli o dei vestiti, per quelle due, tre ore, sono immersa in un mondo tutto mio, un mondo che creo e in cui decido di entrare o uscire quando voglio.

Branwen III

Un mondo magico, che mi permette di dar sfogo alla fantasia inserendo draghi, sirene, o fate, di usare le fiabe da ricreare secondo una mia personale versione e visione.

Con gli anni, ho sperimentato sempre, da autodidatta. Sono talmente pigra che perdo la concentrazione anche solo nel seguire i tutorial, per cui, sicuramente, rispetto ad altri artisti ho ancora tanto da imparare nella tecnica e nell’uso dei colori, ma apprezzo anche i complimenti che ricevo, perchè mi sembra di riuscire davvero a comunicare qualcosa!

Negli anni ho ricevuto tanti messaggi: chi mi ringraziava, chi mi elogiava, chi mi raccontava la sua storia e cosa un mio semplice lavoro riusciva a farlo o farla immedesimare.

Per me è stata una emozione grandissima, e alle volte, ho capito quanto l’arte possa aiutare ad esternare sentimenti o sensazioni che alle volte ci vergogniamo di mostrare.

Non a caso ci sono tante iniziative che includono percorsi artistici per chi soffre di date patologie, e così ho anche provato questo percorso, sebbene nella mia semplice sfera privata.

Negli ultimi tempi mi sono anche avvicinata molto alla fotografia, altra grande valvola di sfogo. Mi piace usare ragazze normali, ragazze che considero amiche, con cui condivido risate, scherzi e che metto sempre a loro agio.

Li Ban IV

Per quanto una posa possa essere studiata, cerco sempre di rendere le mie fotografie il più naturali possibili. Anche qui, mi chiedo: “cosa voglio esprimere?” E così, mentre converso col mio cervello e ascolto la musica, nella mia mente si palesano determinate fotografie che poi rendo reali.

Cosa voglio comunicare? Voglio usare questo testo musicale? Una leggenda? Una poesia?

è quello che faccio: ciò che mi ispira lo rendo visibile. Lo creo, con alle volte solo un mouse e Photoshop.

Qualcuno mi ha detto che l’artista è un animo sensibile, forse troppo per questa terra, e che non a caso, tutti gli artisti “più” grandi delle epoche passate avessero spesso una vita di eccessi, senza regole, sfidando il buonismo e le facciate “borghesi” dell’epoca, pronti per creare scandalo e magari, incosciamente, per palesare la propria esistenza al mondo.

Alla domanda, quindi, perchè creo, posso solo rispondere così.

Creo perchè mi sento viva e perchè voglio che gli altri vedano il mio mondo.

Creo perchè riesco ad esprimere così la tristezza, la paura, l’amore, la gioia.

Creo perchè mi fa sentire bene.

Non mi aspetto che questo mondo sia compreso, ne’ apprezzato o tantomeno elogiato, perchè l’arte è bella per questo: la confuti, la ami, la disprezzi o la difendi, ma comunque, ti genera una reazione, togliendo quel velo di apatia che ultimamente si fa sempre più pesante e presente nella vita di tutti i giorni.

Poche cose salvo dell’umanità, e una di queste è proprio la nostra capacità nel creare opere immortali ed eterne che possono regalarci emozioni anche a distanza di secoli.